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Ordinanza Corte di Cassazione, Sez. Lav., n. 2942/19 in materia di notificazioni e comunicazioni di cancelleria a mezzo PEC

Un’interessante pronunzia è stata, di recente, adottata dalla Suprema Corte di Cassazione in materia di comunicazioni e notificazioni di cancelleria a mezzo PEC (Ordinanza Cassazione, Sez. Lav., n. 2942/2019). Con siffatta Ordinanza gli Ermellini, nel dare ragione alla linea difensiva di parte ricorrente, hanno fornito un’interessante risposta alla questione relativa a chi vada comunicato il decreto di fissazione dell’udienza ex art. 435 c.p.c., ove sia stato espressamente indicato nell’atto di appello, ai fini delle comunicazioni, l’indirizzo PEC di uno solo dei difensori costituiti in giudizio, congiuntamente e disgiuntamente. Di seguito un breve commento all’Ordinanza della Suprema Corte di Cassazione, a cura dell’avv. Grazia Piscopo, Specialista in diritto Civile e Cultore di diritto commerciale presso l’Università degli Studi del Sannio. IL CASO Un lavoratore proponeva appello avverso la sentenza che aveva rigettato la domanda proposta in primo grado ai fini del riconoscimento del diritto alla percezione dell’indennità chilometrica. Nel corso del giudizio di gravame veniva, tuttavia, rilevata l’omessa notifica del ricorso e del decreto di fissazione di udienza alla società appellata ed emergeva che la comunicazione del decreto di fissazione di udienza, da parte della cancelleria, era stata effettuata ad un indirizzo PEC diverso da quello espressamente indicato nel ricorso ai fini delle comunicazioni. Il ricorrente, infatti, pur avvalendosi del collegio difensivo di due legali, aveva espressamente richiesto, nell’atto di appello, l’invio di tutte le comunicazioni all’indirizzo PEC di uno solo dei due codifensori. L’appellante chiedeva, pertanto, alla Corte di Appello la concessione di un nuovo termine per la notifica del ricorso e del decreto di fissazione dell’udienza. La richiesta, tuttavia, veniva rigettata dalla Corte Partenopea sul presupposto che la comunicazione di cancelleria era stata comunque effettuata all’indirizzo PEC dell’altro codifensore. L’appello veniva, pertanto, dichiarato improcedibile.

Clicca qui per il testo integrale dell’ordinanza: https://studiolegalegiovanniromano.it/wp-content/uploads/2020/10/Ordinanza-Cass.-n.-2942-2019.pdf

Avverso la sentenza della Corte partenopea veniva proposto ricorso per Cassazione, lamentando, in particolare, la violazione e mancata e/o falsa applicazione dell’art. 435 c.p.c. nonché degli artt. 136, comma 1 e 156, comma 2 c.p.c. e dell’art. 45, comma 2, disp. att. c.p.c. Il ricorrente rilevava, infatti, che nel ricorso in appello i procuratori costituiti avevano espressamente indicato l’indirizzo di posta elettronica certificata al quale intendevano ricevere tutte le comunicazioni e che l’omessa notifica del ricorso in appello e del pedissequo decreto di fissazione dell’udienza all’appellato, motivo per cui era stata dichiarata l’improcedibilità dell’appello, era diretta conseguenza dell’irrituale e, pertanto, invalida comunicazione del decreto di fissazione dell’udienza ex art. 435 c.p.c. da parte della cancelleria della Corte di Appello. L’ORDINANZA DELLA CORTE DI CASSAZIONE La Suprema Corte, con l’interessante decisione in commento, preso atto dell’espressa indicazione da parte dell’appellante dell’indirizzo di posta elettronica certificata di uno solo dei difensori di fiducia presso cui ricevere le comunicazioni di cancelleria, ha pienamente accolto la linea difensiva di parte ricorrente, affermando che non può, pertanto, valere nel caso de quo il principio secondo cui la notifica ovvero le comunicazioni di cancelleria del decreto di fissazione dell’udienza (o adunanza camerale) sono validamente effettuate all’indirizzo PEC del difensore di fiducia, quale risultante dal Reginde, indipendentemente dalla sua indicazione in atti. Infatti, secondo gli Ermellini, la circostanza che l’avvocato che ha ricevuto la comunicazione risulti codifensore, anche disgiuntamente all’altro difensore, “non può elidere il principio di valenza costituzionale inerente il diritto di difesa, del rispetto della scelta legittimamente effettuata ex art. 366 e 136 c.p.c.”, come già evidenziato in altre pronunce dalla stessa Suprema Corte, circa la prevalenza, anche nell’ambito di notificazioni a mezzo PEC, della esplicita scelta volontaria della parte. Sulla base di tali argomentazioni, la Suprema Corte ha accolto il ricorso del lavoratore e rinviato alla Corte d’Appello in diversa composizione. Avv. Grazia Piscopo – Specialista in diritto Civile e Cultore di diritto commerciale presso l’Università degli Studi del Sannio.