Venerdì 22 ottobre 2021, l’Avv. Maria Giovanna Meduri ha tenuto un seminario dal titolo “Matrimonio, famiglia e minori nella giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo e della Corte di Giustizia dell’Unione europea”, nell’ambito del Corso di alta formazione “Matrimonio, famiglia e minori nella società multietnica”, organizzato dalla sezione San Tommaso d’Aquino della Pontificia Facoltà Teologica dell’Italia meridionale (Pftim) e dal Consiglio dell’Ordine degli avvocati di Napoli, in collaborazione con gli Ordini degli avvocati di Avellino e Benevento.
L’Avv. Meduri ha illustrato le principali pronunce della Corte europea che si sono avute in relazione ai temi più caldi e discussi della dimensione “famiglia”. Ha affrontato così il tema dei diritti delle coppie same-sex, ripercorrendo l’evoluzione che la giurisprudenza europea ha avuto a partire dalla sentenza Shalk e Kopt c. Austria, del 2013, e dedicando particolare attenzione alla sentenza Oliari ed altri c. Italia del 2015, che ha dato forte impulso all’adozione poi della Legge Cirinnà. Dette pronunce sono infatti un esempio di come la Corte europea si sia adeguata alla diversificazione sempre maggiore, della nostra epoca, dei modelli familiari.
Essa si è fatta portavoce dell’esigenza evolutiva dei rapporti familiari anche in relazione ai diritti riproduttivi dei partner, affrontando la tematica dell’accesso alle tecniche di procreazione medicalmente assistita (v. Costa e Pavan c. Italia, 2012) e della surrogazione di maternità, sulla quale però si è registrata una giurisprudenza ondivaga, che ha mostrato un’attitudine minore all’estensione del diritto alla genitorialità, al fine di preservare l’interesse dei minori (Paradiso e Campanelli c. Italia; Mennesson c. Francia, Parere consultivo del 10 aprile 2019, Valdìs e altri v. Islanda).
È evidente che nella giurisprudenza della Corte, i diritti dei minori godono di una considerazione centrale, in ossequio al principio della preminenza dell’interesse del minore. La Corte europea assume cioè una prospettiva “puerocentrica”, fondata sullo scopo di garantire che le decisioni che incidono sulla vita del minore coinvolto siano assunte sempre per il bene di quest’ultimo. Il “best interest of the child” assume importanza centrale soprattutto laddove siano in atto situazioni di crisi della coppia o di celata disfunzionalità. In queste vicende, spesso, i diritti di visita del genitore non affidatario non vengono rispettati. La Corte ha ampiamente affermato, in numerose sentenze, che dalla Convenzione deriva direttamente in capo alle autorità nazionali l’”obbligo positivo” di supportare attivamente e con misure adeguate il contatto del genitore non affidatario con i figli sancito. Tra quelle pronunciate anche contro l’Italia si annoverano: Bove c. Italia del 30 giugno 2005, Piazzi c. Italia del 2 novembre 2010, Lombardo c. Italia, Strumia c. Italia e Giorgioni c. Italia, adottate nel 2016, e Luzi c. Italia, adottata, nel dicembre 2019 e R.B. e M. c. Italia, del 22 aprile 2021.
Nel ripercorrere l’evoluzione giurisprudenziale, sono emersi, quindi, da un lato, la forte prospettiva individualista della Convenzione europea dei diritti dell’uomo, che non si occupa della famiglia come formazione sociale, bensì si limita ad affermare la protezione dei diritti dei suoi componenti come rientranti nella sfera di autonomia e autodeterminazione della persona; dall’altro, il tentativo della Corte europea di operare un’interpretazione autonoma ed evolutiva delle nozioni utilizzate nella Convenzione, al fine di includervi in via giurisprudenziale “nuovi diritti”, non espressamente sanciti negli articoli. Tutto ciò, sempre nel rispetto del margine di apprezzamento statale, posto che la regolamentazione dell’istituto famiglia rientra nella competenza esclusiva degli Stati nazionali.
Neanche l’Unione europea ha una specifica competenza in materia di famiglia e la normativa euro-unionale si limita ad intervenire quando vi siano aspetti di transnazionalità, al fine di facilitare il riavvicinamento delle legislazioni nazionali e migliorare la cooperazione giudiziaria tra gli Stati membri, e quando occorra tutelare i diritti e le libertà fondamentali dei membri del nucleo familiare, intesi come diritti dei singoli sanciti dai Trattati. E infatti, soprattutto la necessità di garantire la realizzazione delle libertà di circolazione delle persone e facilitare il coordinamento tra gli ordinamenti degli Stati membri, ha portato il diritto dell’Unione a esercitare un’influenza, se pur indiretta, anche sulla disciplina materiale del diritto di famiglia dettata dai legislatori degli Stati membri. Esiste cioè una serie di atti a carattere vincolante, adottate nelle suddette materie, variamente incidenti sul diritto di famiglia, come il Regolamento (CE) 2201/2003 del Consiglio, relativo alla competenza, al riconoscimento e all’esecuzione delle decisioni in materia matrimoniale e in materia di responsabilità genitoriale o la Direttiva 2004/38/CE del Parlamento europeo e del Consiglio relativa al diritto dei cittadini dell’Unione e dei loro familiari di circolare e di soggiornare liberamente nel territorio degli Stati membri.
La Corte di Giustizia, chiamata a pronunciarsi in via pregiudiziale per chiarirne l’ambito di applicazione, ha, anch’essa, più volte offerto un’interpretazione volta ad estendere il godimento dei diritti ivi previsti
Si consideri la sentenza C-335/17 del 31 maggio 2018, con la quale la Corte ha chiarito l’ambito di applicazione del Regolamento (CE) n. 2201/2003, in relazione al concetto di diritto di visita contenuto nell’art. 2, includendovi anche il diritto dei nonni del minore di ottenere una regolare frequentazione con quest’ultimo, o la sentenza Coman e altri, del 5 giugno 2018, C-673/16, dove ha chiarito che la nozione di «coniuge» ai sensi della direttiva 2004/38 sulla libertà di soggiorno dei cittadini europei e dei loro familiari comprende i coniugi dello stesso sesso.