Anche se, sul piano formale, la domanda pregiudiziale è limitata all’interpretazione di certe disposizioni comunitarie, la Corte può nondimeno fornire al giudice nazionale tutti gli elementi interpretativi del diritto comunitario che possano consentirgli di dirimere la controversia a lui sottoposta, a prescindere dal fatto che il detto giudice vi abbia fatto riferimento o meno nel formulare le proprie questioni. Alla luce di ciò, anche se le questioni pregiudiziali vertono solo sull’art. 3 della direttiva 89/104/CEE e il giudice nazionale non ha sollevato nel procedimento principale il problema di accertare se l’oggetto della domanda possa essere considerato un segno suscettibile di costituire un marchio nel senso dell’art. 2 della direttiva, è necessario affrontare preliminarmente tale ultimo punto. A tal proposito, la Corte osserva che, pena privare tale requisito di ogni significato, non si può ammettere che qualunque oggetto di domanda di marchio costituisca necessariamente un segno nel senso dell’art. 2 della direttiva. Tale requisito serve, in particolare, ad impedire che il diritto dei marchi sia usato per uno scopo ad esso estraneo, al fine di ottenere un indebito vantaggio concorrenziale. Nel caso di specie, pertanto, poiché l’oggetto della domanda di registrazione riveste potenzialmente una moltitudine di aspetti differenti, non può essere considerato determinato.
28
Mag
2007