Considerazioni a margine del caso Vavricka ed altri c. Repubblica Ceca.
I limiti di un sistema giuridico incentrato sull’assoluta preminenza dell’individuo e sul rispetto della volontà dei singoli appaiono evidenti anche senza contesti di crisi.
Potrebbe mai funzionare una comunità in cui la tutela delle scelte individuali sia prevalente sul bene collettivo? Avrebbe senso parlare di Stato, partendo da un simile assunto?
Chi potrebbe sostenere la tenuta di un popolo, organizzatosi in comunità permanente, con queste premesse?
Forse Bakunin, sicuramente non Hobbes e, probabilmente, nemmeno Machiavelli.
Non partirebbero progetti di riqualificazione del territorio, non verrebbero costruite infrastrutture, si fermerebbe spesso la macchina amministrativa.
Le ragioni di un simile disfattismo sono limpide, poiché, per quanto si possa sproloquiare sull’assolutismo delle libertà, esse incontrano un limite evidente, ossia la circostanza fattuale che la libertà di ciascuno finisce dove inizia quella altrui.
Le sfere di assolutismo libertario cozzano con le altre sfere, e giocare a bocce, metaforicamente parlando, ha portato e porterà a disordini infiniti.
Eppure, il tema dei confini della libertà individuale spesso viene affrontato dall’attualità politica e giuridica, essendo molteplici i terreni di scontro e di dibattito.
Uno di questi, senza dubbio, è il tema delle vaccinazioni.
Vaccini obbligatori? Forse sì, forse no, conta soprattutto la volontà politica di chi impone queste scelte.
E se fossero obbligate? Se venisse dato per assodato, come in effetti appare, che queste scelte non siano dettate da meccaniche dittatoriali, quanto, piuttosto, dall’esigenza di vivere in comunità?
Ebbene, anche su questo punto, ci si divide.
La storia della medicina insegna che grazie ai vaccini l’umanità è riuscita ad affrontare, e persino a debellare, gravissime malattie contagiose.
Ciononostante, da mesi si discute sulla necessità o meno di istituire forme coercitive per la vaccinazione da Covid-19, essendo alta la resistenza di una fetta della popolazione italiana ed, in generale, di quella europea e mondiale.
Lo si fa perché nessuno è pronto ad accettare imposizioni non sufficientemente argomentate (e, sul tema, la responsabilità di una stampa poco chiara è limpida, senza tralasciare trasmissioni televisive e talk show) o, peggio, argomentate in modo confusionario, grottesco e persino contraddittorio, figurarsi se questi diktat provengono da istituzioni flosce, screditate e spesso criticate come lo sono gli odierni Stati nazionali, sempre meno efficaci nella comunicazione con i propri cittadini.
Eppure, perlomeno in questo ambito, dove non arriva lo Stato arrivano le Corti.
Infatti, proprio in materia vaccinale, di recente, è intervenuta la Corte EDU, la Corte delle libertà individuali per antonomasia, con una pronuncia che fa discutere, ma anche riflettere.
I giudici di Strasburgo hanno avuto la possibilità di confrontarsi con le delicate questioni appena menzionate nel caso Vavricka c. Repubblica Ceca (C. n. 47621/13).
Si badi bene, l’argomentato affrontato dai Giudici della Corte EDU non è la vaccinazione da Covid-19, ma è sovrapponibile alle questioni pandemiche, trattandosi di vaccinazioni obbligatorie imposte da uno Stato (la Repubblica Ceca) ai minori che intendono frequentare le scuole dell’infanzia.
Ciò posto, la Corte è stata chiamata a pronunciarsi su presunte violazioni degli articoli 8 e 9 della Convenzione ad opera del predetto Stato, laddove si impone, nella legislazione ceca, un obbligo di vaccinazione ai minori, quando i genitori siano contrari ai vaccini per motivi di coscienza.
Se non viene ottemperato tale obbligo e non ricorrono certificati motivi di salute per l’esenzione, i genitori del minore vengono puniti con una sanzione pecuniaria e scatta il divieto per i figli non vaccinati di frequentare i servizi educativi per l’infanzia e per l’adolescenza (asili, scuole, ecc.).
Nel caso in analisi, il primo ricorrente – Vavricka – era incorso nella sanzione per non aver fatto vaccinare i due figli adolescenti contro epatite B, tetano e poliomielite, motivando il rifiuto come espressione di una presunta libertà di credo e religione.
Nel ricorso, inoltre, era stato osservato che le pretese di esenzione dall’obbligo vaccinale fossero, in realtà, espressione di una forma di obiezione di coscienza secolare, paventando, quindi, una indebita ingerenza dello Stato ceco nella vita privata (violazione dell’art. 8 CEDU) e una repressione della libertà di pensiero e coscienza dei singoli (violazione dell’art. 9 CEDU).
La Corte, a distanza di 8 anni dall’introduzione del ricorso, ha esplicitato le proprie conclusioni, osservando, nella pronuncia di seguito commentata, che:
- l’art. 8, comma 2, della CEDU impone allo Stato obblighi di carattere negativo (non ingerenza nella sfera privata e familiare degli individui) e positivo (adottare misure atte a garantire il rispetto della vita familiare e privata);
- lo stesso art. 8, comma 2, però, consente ingerenze, previste dalla legge, se costituiscono misure necessarie alla sicurezza nazionale, alla pubblica sicurezza, al benessere economico del Paese, alla difesa dell’ordine e alla prevenzione dei reati, alla protezione della salute e della morale, o alla protezione dei diritti e delle libertà altrui;
- pertanto, va ricercato in ogni possibile scontro tra tutela del singolo e tutela collettiva un punto di equilibrio, nell’ambito del margine di apprezzamento conferito agli Stati;
- nel caso di specie, è stata, a parere della Corte, adottata dalla Repubblica Ceca una soluzione dura, ma efficace, nemmeno in grado di causare conseguenze eccessivamente pregiudizievoli, data la possibilità di recuperare in istituti ad hoc gli anni della scuola dell’infanzia persi o, comunque, essendovi modo per sostenere, su binari paralleli, le stesse lezioni dei propri coetanei da casa o con insegnanti privati;
- l’importanza della campagna vaccinale, infatti, è indiscutibile ed ogni Stato è chiamato a tutelare la salute collettiva con i mezzi che ritiene maggiormente idonei, pur rispettando, ove possibile, la libertà dei singoli individui;
- trattandosi di vaccini dall’efficacia comprovata, somministrati gratuitamente ed essendo previsto un indennizzo economico in caso di danni alla salute causati da reazioni avverse, si ritiene rispettato il principio del giusto equilibrio tra esigenze collettive e libertà individuali.
Sulla base delle seguenti considerazioni della Corte, il ricorso è stato rigettato e, se concesso dal lettore, si osserva che il rigetto è dotato di rara ragionevolezza e semplicità comunicativa.
Quanto innanzi, in effetti, difficilmente stride col comune sentire e, per una volta, potrebbe fornire uno spunto incondizionato per dirimere le difficili problematiche in analisi.
Del resto, questa Corte ci ha già abituati, in passato, a decisioni di notevole pregio, ricche di considerazioni ed argomentazioni da accademia, ma mai come stavolta si ha la sensazione che queste conclusioni vadano condivise in toto, poiché finalizzate ad un obiettivo chiave: ripresa dello stile di vita pre-Covid e tutela della salute collettiva.