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La Cassazione ritorna sulle questioni interessanti il processo amministrativo come processo presupposto.

CASSAZIONE SEZIONE SECONDA CIVILE. Sentenza n. 2926/2014, pubblicata in data 10 febbraio 2014. D.C. ed altri c/ Ministero della Giustizia. Processo amministrativo – ricorso collettivo – perenzione. Più parti di un processo, ai fini del riconoscimento dell’equa riparazione, non possono essere considerate come un’unica parte processuale. Farlo vorrebbe dire non riuscire a cogliere la finalità del rimedio previsto dalla legge n.89/2001, che intende offrire una via interna a ciascuna delle parti del giudizio irragionevolmente protrattosi, singolarmente considerate, essendo le stesse autonomamente legittimate alla proposizione della domanda. L’istituto della perenzione decennale dei ricorsi amministrativi, introdotto dall’ art.9 delle legge 21 luglio 2000, n.205, nel testo, applicabile ratione temporis, anteriore alle modifiche di cui all’ art.54 del D.L. 25 giugno 2008, n.112, convertito nella legge 6 agosto 2008, n.133, non si traduce in una presunzione di disinteresse per la decisione di merito al decorrere di un tempo definito dopo che la domanda sia stata proposta, ma comporta soltanto la necessità che le parti siano messe in condizione, tramite apposito avviso, di soffermarsi sull’attualità dell’interesse alla decisione e di manifestarlo. Ne consegue che la mancata presentazione dell’istanza di fissazione, rendendo esplicito l’attuale disinteresse per la decisione di merito, giustifica l’esclusione della sussistenza del danno per la protrazione ultradecennale del giudizio, ma non impedisce la valorizzazione dell’atteggiamento tenuto dalle parti nel periodo precedente, quale sintomo di un interesse per la decisione mano a mano decrescente, e quindi come base per una decrescente valutazione del danno e del relativo risarcimento (conforme Cassazione n.6619 del 2010).