Commento alla Sentenza del 01.12.2009 n. 43134 emessa dalla CEDU – Seconda Sezione – Presidente Francoise Tulkens
1.Responsabilità per danni lungo latenti da emotrasfusioni -Dictum- Violazione dell’art. 2 della Convenzione nel suo aspetto procedurale
2.Responsabilità per danni lungo latenti da emotrasfusioni -Dictum- Violazione degli artt. 3 e 8 della Convenzione.
3.Responsabilità per danni lungo latenti da emotrasfusioni -Dictum- Violazione dell’art. 14 in combinato disposto con gli artt. 2, 3 e 8 della Convenzione.
- La Corte ritiene che il rimedio civilistico offerto dall’ordinamento italiano alle persone infettate da virus diversi, soddisfi solo teoricamente i requisiti di cui all’art. 2 della Convenzione. Sarebbe opportuno, perciò, al fine di garantire un efficace sistema giudiziario, che tali garanzie venissero adeguatamente soddisfatte anche e soprattutto dal punto di vista pratico addivenendo alla conclusione dei casi specifici in tempi ragionevoli nel rispetto dell’art. 6 della Convenzione.
Da ciò ne discende che, nel caso specifico, la Corte ha rilevato che le autorità giudiziarie italiane, a fronte di un richiamo discutibile sulla base dell’art. 2 non sono riuscite a dare risposte adeguate e tempestive. Di conseguenza, vi è stata una violazione dell’art. 2, nel suo aspetto procedurale. - Di fronte alla denuncia ai sensi dell’art. 3 della Convenzione, la Corte ritiene che le circostanze del caso non possano essere considerate come un trattamento disumano e degradante. A ben vedere, la Corte non può autonomamente determinare le date in cui il Ministro della Salute aveva o avrebbe dovuto prevedere i rischi di trasmissione dei virus dell’HIV e dell’epatite C non potendosi sostituire alle autorità nazionali nella valutazione della responsabilità del Ministero della Salute. La presunta mancanza d’informazioni sui rischi connessi alla pratica trasfusionale non è, dunque, riconducibile alla responsabilità del Ministero poiché non è stato possibile stabilire se al momento della contaminazione dei pazienti il dipartimento sapesse o avrebbe dovuto conoscere l’esistenza di rischi connessi alla trasfusione.
- I ricorrenti hanno invocato, inoltre, la violazione dell’art 14 della Convenzione in combinato disposto con gli art. 2, 3, e 8 della Convenzione, ritenendo di essere stati sottoposti ad un trattamento discriminatorio in relazione a tre gruppi di persone che avevano, in precedenza, contratto rispettivamente l’epatite B, C, e il virus dell’ HIV. Su questo punto la Corte sottolinea il fatto che non sarebbe sufficiente un diverso trattamento delle persone collocate in situazioni simili per inquadrare una data situazione lesiva ma sarebbe necessario che la distinzione abbia una natura discriminatoria.
Una distinzione sarebbe discriminatoria, dunque, in assenza di una obiettiva e ragionevole giustificazione, se non proseguisse uno scopo legittimo o se non vi fosse alcuna ragionevole proporzione tra mezzi impiegati e fini. Nel caso concreto, il Governo ha giustificato le sue scelte affermando la necessità di salvaguardare la finanza pubblica in termini di priorità delle risorse. A parere della Corte, dunque, nel caso di specie, vi sarebbe una violazione dell’art. 14 in quanto tali argomentazioni non sarebbero sufficientemente convincenti a giustificare una simile disparità di trattamento.
Massima curata dall’Avv. Annalisa Zaccheo