Esecuzione da parte dell’Italia delle sentenze di condanna della Corte europea CEDU – Risoluzioni del Comitato dei Ministri del 14/02/2007 |
Provenienza: Consiglio d’Europa |
In particolare, il Comitato ha esaminato 54 condanne dell’Italia per violazione del Protocollo n. 1 in relazione a casi di occupazione acquisitiva. Pur notando con soddisfazione che la nuova legge n. 296 del 2006 mira a scoraggiare il ricorso all’appropriazione indiretta, prevedendo all’art. 1 par. 1217, la rivalsa dello Stato sugli enti pubblici responsabili delle violazioni delle disposizioni della CEDU degli oneri finanziari sostenuti per dare esecuzione alle sentenze di condanna rese dalla Corte europea dei diritti dell’uomo nei confronti dello Stato italiano in conseguenza delle suddette violazioni, il Comitato ha raccomandato alle autorità italiane di continuare negli sforzi per una totale eliminazione del ricorso alla pratica della “espropriazione indiretta” e di accertarsi che i meccanismi di riparazione siano veloci, efficienti e possibilmente più completi, così da evitare che la Corte europea debba agire ex art. 41 Cedu. In ordine a ben 2183 violazioni per la eccessiva durata del processo, il Comitato dei ministri ha chiesto alle autorità italiane di ”mantenere il loro impegno politico per risolvere il problema della lentezza delle procedure giudiziarie”. Questo problema ”strutturale” della giustizia italiana, secondo i Ministri del Consiglio d’Europa, ”e’ all’origine di migliaia di violazioni della Convenzione europea dei diritti dell’uomo da piu’ di 20 anni”. Pur prendendo atto degli sforzi fatti dall’Italia fino ad oggi, il Comitato ”ha notato che le numerose riforme adottate non hanno prodotto dei risultati soddisfacenti” ed ha ricordato che ”questo malfunzionamento, dovuto alla lentezza delle procedure della giustizia, rappresenta un importante pericolo per il rispetto dello Stato di diritto”. Ha pertanto chiesto che ”venga intrapresa un’azione di carattere interdisciplinare, in vista d’elaborare una nuova ed efficace strategia, che coinvolga gli attori principali della giustizia e che sia coordinata al piu’ alto livello politico”. (Consiglio d’Europa) La denuncia delle violazioni della CEDU da parte dell’Italia -Quando si parla di giustizia si evoca spesso il principio della certezza della pena. Prima ci si potrebbe chiedere se esiste la certezza del processo penale. Perché? In media un processo penale dura 10 anni, se invece sono previsti più capi di imputazione e molti imputati, anche di più. Diciamo che circa il 70 per cento dei processi che vengono portati a giudizio ha una durata massima di prescrizione di sette anni e mezzo. Questo significa che tutta la macchina giudiziaria lavora per la prescrizione. Un imputato che ha soldi e quindi la possibilità di resistere in giudizio, è inutile che acceda a riti abbreviati, patteggiamenti se, andando in dibattimento, può vedere il suo processo evaporare a norma di legge. Notifiche sbagliate, abbondanti possibilità di rinvio, impugnazioni automatiche fino alla Cassazione, un giudice del collegio che cambia in corso d’opera e quindi si ricomincia da principio. E intanto il tempo passa. A partire dalla riforma del codice di procedura penale del 1989 fino ad oggi il legislatore, di riforma in riforma e magari in buona fede, non ha fatto altro che offrire a piene mani cavilli che incentivano tattiche dilatorie per difendersi piuttosto che nel processo dal processo. Nella giustizia civile le cose i tempi sono ancora più lunghi. L’eccessiva durata del processo è una violazione dell’art. 6 della Convenzione dei Diritti dell’Uomo e l’Italia è il primo Stato nella graduatoria delle condanne inflitte dalla Corte europea di Strasburgo. Per queste condanne l’Italia ha pagato e continua a pagare centinaia di milioni di euro, il Comitato dei ministri del Consiglio d’Europa considera il nostro paese un “sorvegliato speciale” e si è chiesto addirittura se in Italia sussistano ancora le condizioni di uno Stato di diritto.(Report, raitre – Maggio 2007) |
09
Mag
2007