Sussiste la violazione dell’art. 1 Prot. 1 della C.E.D.U. quando, anche a fronte di una espropriazione lecita, non è corrisposta l’indennità di esproprio. La mancata corresponsione di tale indennità, infatti, trasforma l’intervento ablatorio (seppur condotto legittimamente) in una ingiustificata ingerenza nel diritto di proprietà dei ricorrenti. Ciò posto, l’accertamento della violazione dell’art. 1 Prot. 1 impone allo Stato convenuto di porre fine alla violazione e di cancellarne le conseguenze dannose principalmente attraverso lo strumento della restitutio in integrum del bene espropriato. Solo quando la restitutio in integrum non è praticabile, è possibile passare a forme di tutela risarcitoria per equivalente.
Il carattere lecito dell’espropriazione si ripercuote evidentemente sulla misura del risarcimento, che va determinato con riferimento al solo valore dei terreni al momento dell’espropriazione, oltre rivalutazione ed interessi dalla maturazione e sino al soddisfo. Da tale importo devono essere sottratte le somme percepite a qualsiasi titolo dalla parte che ha subito la violazione del diritto dominicale e devono essere aggiunte le spese processuali sostenute dinanzi alle Corti nazionali per l’accertamento della violazione dell’art. 1 Prot. 1 C.E.D.U.
Sussiste, altresì, il diritto dei ricorrenti al risarcimento del danno morale patito in conseguenza dell’avvenuta violazione dell’art. 1 Prot. 1, che va determinato in misura equitativa.
Non è di ostacolo al riconoscimento di tale risarcimento in sede internazionale, la pendenza innanzi ai giudici nazionali di un procedimento finalizzato proprio al riconoscimento del risarcimento del danno da lesione del diritto di proprietà per mancata corresponsione dell’indennità di esproprio. È escluso, infatti, il rischio di una duplicazione delle poste risarcitorie, atteso che i giudici nazionali, nel decidere sulla predetta richiesta di risarcimento danni, terranno conto di tutte le somme percepite dai ricorrenti in sede internazionale. D’altronde, dato che la procedura nazionale dura da oltre sedici anni, non è ragionevole attenderne l’esito prima di poter adire la Corte Europea.