In primo luogo l’articolo 6 § 1 della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo obbliga gli Stati contraenti ad organizzare le loro giurisdizioni in maniera tale da permetter loro di rispondere alle esigenze di questa norma, in ragione del fatto che la giustizia non può essere amministrata con dei ritardi tali da comprometterne l’efficacia e la credibilità (H. c. Francia, 24 ottobre 1989). L’affermazione, di derivazione anglosassone, secondo cui una giustizia ritardata è una giustizia negata (justice delayed is justice denied) può chiarire meglio il significato e la portata del principio di ragionevole durata. Difatti una buona ed efficiente amministrazione della giustizia è uno dei perni su cui si regge uno stato libero e democratico, che ha il dovere di garantire ad ogni cittadino il riconoscimento dei suoi diritti tramite un equo processo che si svolga in tempi ragionevoli. Tale principio assume un rilievo ancor più peculiare nel processo penale, laddove va a costituire un rimedio contro il rischio, per una persona, di “restare troppo a lungo sotto il peso di un’accusa”, con tutto quanto materialmente e moralmente ciò comporta (Wemhoff c. R.T.F., 27 giugno 1968, § 18), e questo non solo quando l’accusato sia detenuto; al riguardo, peraltro, l’esigenza si fa ancora più pressante (Djaid c. Francia, 29 settembre 1999, §33). […]
12
Apr
2011