Con la pronunzia in esame, la Corte ha avuto modo di stabilire che sussiste la violazione dell’art. 1 Prot. 1 della C.E.D.U. quando, anche a fronte di una espropriazione lecita, non è corrisposta una indennità di esproprio adeguata. La mancata corresponsione della indennità integralmente dovuta in virtù del valore del bene espropriato configura una lesione del diritto di proprietà dei ricorrenti che, nel caso di specie, ad avviso della Corte, avrebbero avuto diritto ad una somma di gran lunga superiore rispetto a quella corrisposta. Ciò posto, l’accertamento della violazione dell’art. 1 Prot. 1 impone allo Stato convenuto di porre fine alla violazione e di cancellarne le conseguenze dannose principalmente attraverso lo strumento della restitutio in integrum del bene espropriato. Solo quando la restitutio in integrum non è praticabile, è possibile passare a forme di tutela risarcitoria per equivalente.
Inoltre, la Corte riafferma che se non è vietato al potere legislativo di regolamentare in campo civile, con nuove disposizioni a portata retroattiva, dei diritti che derivano da leggi in vigore, il principio di preminenza del diritto e la nozione di processo equo consacrati dall’art. 6 par. 1 della Convenzione contrastano, tranne per imperativi motivi di interesse generale, con l’ingerenza del potere legislativo nell’amministrazione della giustizia che ha come scopo di influire sulla conclusione giudiziale della controversia.