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Corte di Cassazione – Sez. Unite – Sentenza nr. 6572 del 24 marzo 2006. Responsabilità civile – dequalificazione del lavoratore – risarcimento del danno – danno esistenziale – prova per presunzioni – ammessa.

Con la sentenza 6572 del 14 marzo 2006, le sezioni unite della Cassazione sono state chiamate a comporre il contrasto all’interno della sezione lavoro della Corte in tema di risarcimento del danno da demansionamento e dequalificazione del lavoratore. Le decisioni fino ad ora emanate dalla Cassazione affrontavano in modo contrastante il tema della prova del danno. Alcune sentenze sostenevano, infatti, che essendo il danno conseguenza automatica del demansionamento posto in essere dal datore di lavoro, l’ammontare del risarcimento richiesto dal lavoratore potesse essere determinato dal giudice facendo ricorso a una valutazione equitativa, anche in mancanza di uno specifico elemento di prova da parte del danneggiato; al contrario, altre sentenze ritenevano che il lavoratore dovesse specificamente provare l’esistenza del danno lamentato e del nesso di causalità con l’inadempimento datoriale.

Le Sezioni Unite aderiscono a questo secondo orientamento e affermano che il riconoscimento del diritto del lavoratore al risarcimento di qualunque tipo di danno lamentato (professionale, biologico o esistenziale) non ricorre automaticamente in tutti i casi demansionamento. Secondo la Corte, l’inadempimento del datore di lavoro può causare una pluralità di conseguenze lesive per il lavoratore, che devono essere specificamente allegate dal lavoratore e devono essere provate altrettanto puntualmente: se nel caso del risarcimento del danno biologico sarà necessaria l’esistenza di una lesione dell’integrità psico-fisica medicalmente accertabile, nel caso del danno esistenziale il lavoratore dovrà ricorrere puntualmente a tutti i mezzi consentiti dall’ordinamento.

Tenuto conto della natura immateriale di questo danno, quindi, il giudice, secondo la Corte, potrà utilizzare anche la prova per presunzioni.